Recensione "Guerra e Pace" Fabri Fibra
L’ETERNA LOTTA TRA BENE E MALE IN UN PAESE LENTO
Fabri Fibra continua a descrivere le sfumature delLa sua maturità con quel suo modo adulto di parlare da eterno adolescente,
in un disco viscerale, influenzato dalla lettura di Guerra e Pace di Tolstoj e dai film di Pasolini e Rossellini.
Gli accordi evocativi della 2031 intro sembrano spingerti fuori dal tempo per vedere meglio il nostro tempo alla luce della famosa battaglia tra bene e male.
E l’incipit è un flow di necessarietà e compassione, verso se stessi e verso chi ascolta.
C’è bisogna scrivere, che con il suo
<<è necessario credere / bisogna scrivere / per essere invincibile / non dovrei vivere/ bisogna credere/ per continuare a vivere/ anche dopo la morte>> è un manifesto di come Fibra vive l’idea di artista, scrivere per sopravvivere.
Concetto ribadito nella successiva Voce: <<Ho bisogno di questo foglio/ di questo sogno/ di questo pubblico/ di questi soldi>>.
Una vita che per l’artista calato al 100% nel suo disegno coincide con la predestinazione, quadro che affiora in Che tempi, grane duetto con Al Castellana, che affusola i suoi toni soul nell’inciso <<che tempi/ bisogna essere pronti/ per parare colpi/ che tempi/ bisogna stare attenti/ e metter da parte i buoni sentimenti/ ci vuole un gran coraggio/ a essere perdenti/ in questi tempi>>, mentre Fibra tra un fresco fresco <<mi tingerei i capelli se fossi Ligabue>> e << qui da noi si nasce già con un cazzo nel culo>> spiega che <<del mio successo sarai sorpreso / io no/ sapevo già tutto come Yoko Ono>>.
Il singolo Pronti, partenza, via! Con usuale efficacia (vedi come gioca la citazione di Monti) parla di un’Italia sempre al nastro di partenza, mentre è un mondo dove le coordinate del potere sono sesso, show-biz e mass-media quello dipinto in A me di te, dove il rimedio è il disincanto, <<è solo un gioco ma solo pochi lo capiscono>>, e poi Non correre amplia lo sguardo: <<Reagisci/riprenditi ciò che è tuo>>, dice.
Tutto in un giorno è un’inferno dubstep con immagini di Van Gogh e Nikola Tesla, un’epica da You can’t Always Get What You Want, <<questa rima come salta/ e come esalta/ e come è alta/ la solitudine dei numeri uno>>.
Commovente per chi ha vissuto questa storia dall’inizio il Duetto con Neffa, che è stato il primo a credere in Fibra producendo in Turbe Giovanili.
In Panico i due si ritrovano e nasce un botta risposta da grande libro pop, Fibra perso nel buio e Neffa che mette la sua migliore maschera celentanesca e punteggia come un fratello maggiore, << preso dal panico/ fermati un attimo/ perché se vai più giù/ forse non torni più/ cerchi di uccidere quello che hai dentro te/ ma a fare come fai/ poi te ne pentirai>>.
Il clima di Panico esplode nella mente che va in corto circuito dentro gli ingorghi rave di Frank Sinatra, mentre Raggi Laser, Nemico pubblico e Non credo ai media sono demolitori hip-hop, il brano che dà il titolo al Settimo album solista di Fabrizio Tarducci di Senigallia parla di <<un paese lento, incastrato nel passato>> e ringrazia Saviano.
Alta vendita, Centoquindici e Ring Ring sono canzoni che dimostrano qualità anche nella leggerezza, mentre a chiudere il duetto con Elisa, Dagli sbagli si impara, citazioni di Pasolini, Baustelle e Vasco, Elisa che materna avvisa e consola, <<gli sbagli ti attirano verso il fondo\ il finale poi dipenderà da te/ sbagliare è facile ma il segreto è nel capirlo/ la notte porta consiglio\ dagli sbagli si impara>>.
Un altro strike.
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